Bretagna
2001 - Appunti di viaggio e di vagabondaggio |
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"Bretagna mon amour!"
Per coloro tra noi che non hanno mai avuto l'avventura e la fortuna
di passare un po' di tempo in Bretagna, mi sembra doveroso cominciare
questi brevi appunti sulla nostra recente e purtroppo breve spedizione
con l'espressione più estatica della bellezza e della atmosfera
incredibile che si respira accarezzando le coste Bretoni, le verdi
scogliere, i villaggi di case bianche con ripidi tetti d'ardesia
che, visti dal mare, sembrano flotte di vele illuminate dal sole.
La Bretagna è un angolo di storia affacciata sull'Atlantico
immemore e immortale, il cui respiro incessante segna il ritmo
stesso della vita di questa gente di mare e di foresta.
Non a caso è in questi boschi di pini scuri o sulle
spiagge orlate di alghe che più chiara ci giunge la
voce e la magia della cultura druidica, in bilico tra l'intrepida
durezza di Mitra, divinità di guerra e di oscuri misteri
iniziatici, e la esigente prodigalità della Dea, madre
e principio di vita, promessa di continuità e di armonia
con la natura.
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Il profumo stesso dell'aria che si respira su queste coste è
un'indefinibile miscela di essenze boschive, di resina, di fiori,
di alghe appassite, di salmastro e di terra bagnata, di ostriche
e di burro, di sidro e di legno impregnato, di fumo, di nebbia,
di reti e di porto. E' un profumo umido e malinconico, ma nello
stesso tempo è carico della forza e del coraggio di uomini
duri e pazienti, di mare e frontiera.
Anche senza conoscerne la storia o le leggende, basta uno sguardo
per ritrovare qui le tracce della continua alternanza della frontiera
storica e culturale che nel corso dei secoli ha visto passare e
respinto le flotte e gli eserciti dei potenti della terra. I contrafforti
di pietra delle cittadelle fortificate non sono che la cicatrice
di molteplici battaglie e formidabili assedi, pur conservando ai
nostri occhi l'indefinibile attrattiva di un passato che, ormai
lontano, ci appare ora investito di un'aura epica e gloriosa. E
ancora echeggiano i boschi di Bretagna del passo delle coorti romane
e delle gesta di Artù e Merlino indissolubilmente permeate
di magia e superstizione, anch'esse frontiera in bilico tra sacralità
ascetica e paganesimo celtico. Il mare stesso di fronte a noi è
una frontiera sempre rinnovata, in quanto perennemente in movimento
è la linea di demarcazione tra terra e Oceano nell'alternarsi
delle Maree.
Certo non basta una singola fotografia per cogliere uno spirito
così vasto e sfuggente, come non è possibile descriverne
con una sola immagine l'infinita mutevolezza. Troppo forte però
è la tentazione di trasmettere il desiderio di essere qui,
di guardare quest'orizzonte in altalena e di respirare l'odore delle
alghe in secca, per non lasciarsi intrappolare, parlandone, dalla
ragnatela dei pensieri e delle immagini che questa bellissima crociera
ci ha regalato.
Primo giorno
Tornando a noi, anzi partendo, ci siamo trovati all'aeroporto carichi
di masserizie. Va detto che in maggio e anche in Bretagna, vale
la pena di avere con sé qualche maglietta leggera. Forse
scaramanticamente la maggior parte dei componenti il gruppo aveva
stipato i bagagli del necessario per una spedizione artica e invece
abbiamo goduto per l'intera durata della crociera di un cielo quasi
sempre sereno e di temperature semi estive. All'arrivo a Lorient
verso le 10 di sera gli ultimi raggi del sole hanno rischiarato
la discesa verso il punto di partenza dei nostri vagabondaggi. La
marina risulta essere piuttosto isolata rispetto alla città
e affiancata al canale di uscita principale, delimitato dalle enormi
costruzioni spettrali delle basi sommergibilistiche tedesche e dalle
mura della fortezza che proteggeva l'ingresso al porto nel secolo
delle grandi marinerie Inglesi e Francesi (NB Non è difficile
ritrovare le tracce della vecchia ruggine da queste parti e non
sperate di ottenere alcuna informazione o avviso nella lingua di
Albione - se il francese non è il vostro forte, meglio esprimersi
in italiano perché in Bretagna, nonostante sia stata per
molti decenni la dependance della corona inglese sul continente
e nonostante sia di fatto a un tiro di sputo dalle bianche scogliere
di Dover, l'Inglese risulta essere una lingua del tutto ignorata).
Rintracciamo le barche: due Feeling 416 con deriva mobile - va detto
che, guardandoci intorno sul pontile galleggiante che scorre lungo
grossi piloni con una escursione di diversi metri, ci da un certo
senso di conforto sapere di poter "tirare indietro la pancia"
dai 2 metri e dieci di pescaggio normale agli 80 centimetri a deriva
completamente alzata. Formiamo gli equipaggi (*) e cominciamo con
le consuete attività di presa di possesso: attacco luce in
banchina, assegnazione posti letto (moolto, ma moolto agevolata
dal fatto che siamo solo in sei par barca e lo spazio disponibile
in queste barche panciutelle non è proprio limitatissimo),
apertura bagagli (si è oscuramente consapevoli, disfando
le valigie, di quanto ciò che inizialmente era entrato senza
difficoltà al ritorno sarà difficilissimo da ristivare),
avviamento primo salame, prima rapida occhiata alle dotazioni di
cucina e analisi della reologia dei bagni, ultimo ciangottio prima
di addormentarsi e solenne ronfata di apertura conciliata dalla
familiare sensazione dell'acqua sotto lo scafo e dei "rumorini"
da barca.
Secondo Giorno
Distribuzione compiti per l'inventario e il controllo impianti
e dotazioni (vedi istruzioni Oceani 3000). A gruppi di due passiamo
al setaccio la barca, verifichiamo avviamento motore, olio (appena
sufficiente per noi, sotto il minimo nell'altra barca), carichiamo
acqua, contiamo le cinture di sicurezza e i salvagenti, piatti,
forchette e quant'altro, non senza un certo sforzo di comprensione
dell' inventario fornitoci rigorosamente in francese (se anche riesci
a identificare le attrezzature nautiche principali, vai a sapere
come caspita si chiama la pentola a pressione). Concluso il check
in, le squadre di cambusieri partono per il più vicino supermercato
per approvvigionare le stive.
Ndr - che quasi sempre si occupa della cucina e quindi di solito
della cambusa: Una buona "Thumb rule" per questo tipo
di navigazioni sotto costa (leggi: tenendo conto di qualche pasto
in un ristorantino caratteristico e con possibilità di ricorrere
ad integrazioni se necessarie), è di considerare un pasto
abbondante al giorno per il numero dei componenti, da due a quattro
(se siete degli alcolizzati) bottiglie di vino al giorno e almeno
6/8 litri d'acqua al giorno se il caldo non è infernale (non
rinunciate a quella frizzante perché è infinitamente
più piacevole e certo più digestiva).
Salumi e formaggi confezionati sono di più facile
gestione, le banane si spappolano subito ma vengono solitamente
spolverate immediatamente, i biscotti piacciono a tutti invece
le mele no, le patatine fanno malissimo ma c'è qualcuno
che non può vivere senza
.e comunque
., se
in un paese di standard capitalista avrete speso una cifra
che si aggira sulle centomila a testa a settimana (senza comprare
tartufi d'Alba o decidere di accompagnare il paté con
un ettolitro di Sauternes), più o meno dovreste avanzare:
la consueta scatoletta di tonno, una bottiglia di vino e un
po', diversi rimasugli di crackerini e briciole di patatine,
il pacchetto di salatini aromatizzati cipolla e pancetta che
nessuno ammette di aver comprato, due barattoli di marmellata
avviati e un fondo di Calvados, quattro rotoli di carta igienica
(su una confezione da dieci), quattro spicchi d'aglio (io
ne uso molto), un terzo di confezione di caffè, mezzo
chilo di zucchero, una confezione nuova di detersivo per piatti,
un rotolo di scottex e poco altro (a me le fette biscottate
non piacciono, quindi non le compro, né le avanzo mai!!).
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(Ciò non vale per le lunghe navigazioni. Vedi in proposito
la lista orientativa "Oceani", che è sicuramente
basata su criteri conservativi e consente una grande flessibilità
di menu e di far fronte a qualunque prolungamento crocieristico).
Riempite le stive (non a casaccio) e il frigorifero (piuttosto
asfittico nel nostro caso specifico), e rabboccato il serbatoio
gasolio, finalmente molliamo gli ormeggi e sfruttiamo le ore del
tardo pomeriggio per uscire dal canale di Lorient e farci due bordi
di assaggio di barche ed equipaggi dirigendo verso l'isola di Groix.
L'ammiraglia (Pagra condotta da Nanni) si dimostra decisamente più
velocina all'ingaggio - dovremo purtroppo soffrire per tutta la
settimana di una certa inferiorità nelle caratteristiche
veliche del nostro mezzo, anche se non mancheranno occasioni di
riscatto. Nella luce degli ultimi raggi del sole entriamo a Port
Tudy che, con la marea calante assomiglia più al cortile
di una fortezza che ad una marina, ed in effetti la struttura della
darsena è quantomeno curiosa, essendo dotata di un "piano
alto" tipo soppalco dove dondolano pigramente una quarantina
di barchette imprigionate da un salto d'acqua che a occhio sembra
superabile solo con le High Waters di Spring Tide.
Terzo Giorno
Rifocillati e riposati facciamo vela appena possibile verso le
mitiche Iles des Glenans, anche se un sole smagliante ed un venticello
gentile in poppa ci fanno un po' sentire "Club Med". Dare
Spi è un puro piacere finché il vento regge e ci prendiamo
la nostra rivincita guadagnando acqua almeno per il tempo, decisamente
non da record, che Pagra impiega per aprire la grande vela colorata
contro il cielo. Poi il vento ci pianta, ma siamo ricompensati dall'emozione
di avvistare I delfini e un numero indeterminato di uccelli marini
dall'aspetto curioso (tra il piviere, la rondine di mare e la paperella)
che procedono ordinatamente in fila indiana scivolando sull'acqua.
Niente da fare, ci tocca avvicinarci a Le Penfret (sede della scuola
velica) a motore, ma ci riscattiamo all'arrivo grazie ad un provvidenziale
sbuffo di vento che ci porta alla fonda sul lato W dell'isola. L'arcipelago
offre uno spettacolo straordinario di verdi pendii fioriti, sabbia
candida e un mare sorprendentemente blu disseminato del più
incredibile campionario di pericoli per la navigazione (affioranti
e non) che la natura ha a disposizione per generare un caleidoscopio
di orizzonti cangianti (isole che appaiono, scompaiono - secche
e scoglietti in agguato). Il pomeriggio è bellissimo e il
sole sta appena calando quando ci rimettiamo in marcia verso la
bellissima cittadina di Concarneau. Una quieta bolinona ci porta
all'ingresso del porto/bagnasciuga che si rannicchia sotto la cittadella
fortificata dove ormeggiamo con marea favorevole in tempo per tuffarci
nelle stradine della città vecchia per verificare la conclamata
qualità del "coquillage" d'Arvernia.
Quarto Giorno
Souvenir, caffè e cincischi vari fino a tarda mattinata,
quando finalmente tutti e due gli equipaggi sono pronti a salpare
puntiamo a S verso l'Ile de Groix e doppiata l'isola ci lanciamo
in una bella volata di Spi verso Belle Ile e il porto di Le Palais.
Entriamo in porto a sera non senza qualche difficoltà. La
marea è bassa e il fondo è poco, Pagra ha già
deciso di tenersi all'ormeggio ad uno dei gavitelli dei traghetti
esterni alla foranea, ma noi ci avventuriamo dietro la prima fila
di gavitelli interni dove già sono ormeggiati grappoli di
barche. C'è anche un po' di venticello al traverso e dopo
un primo tentativo da brivido ci rassegniamo a tonneggiare tra gavitelli
e muraglione della foranea a forza di remi con canottino a prestito.
Finalmente riusciamo a tendere anche noi una ragnatela di doppini
e a tirare un sospiro di sollievo (insieme a tutti gli occupanti
delle altre barche, in trepidante osservazione delle nostre evoluzioni).
Quinto Giorno
Iniziamo l'ennesima splendida giornata sotto un cielo color cobalto
e accogliamo Pagra, scacciata dai traghetti, all'ormeggio interno.
La ricognizione di Le Palais ci richiede un paio d'ore (la cittadina
è deliziosa) poi ci riuniamo a bordo per il briefing di partenza.
Rapida valutazione della situazione Maree e immediata scoperta che
le correnti di marea entranti praticamente abbracciano Belle Ile
e ci girano intorno per ricongiungersi davanti a Le Palais, qualunque
direzione prendessimo per fare il giro dell'isola partendo da dove
siamo ora ci porterebbe comunque a navigare contro una corrente
non proprio trascurabile. Purtroppo il tempo non è abbondante
e dobbiamo tener conto di tempi precisi per l'ingresso nel golfo
del Morbihan, nostra meta serale. Rinunciamo al tour di Belle Ile
e puntiamo verso costa per avvicinarci alla meta (ora X tra le 19:30
e le 19:45). Prima sosta merenda in una deliziosa caletta rosa a
NW di Le Houat, circondata da scogliere verdi e piuttosto affollata
(qui tutti vanno in barca comunque e qualunque). L'acqua non è
proprio di un turchino invitante, tutto questo ribollire di flussi
e riflussi e le periodica esposizione dei pantani algherulenti rende
l'acqua di un torbido colore verde spento, si intravedono solo enormi
meduse gialle sotto la superficie. In compenso c'è una quantità
di uccelli incredibile (aironi cinerini, garzette, tutte le specie
di gabbiani, fregate e affini, strane folaghette) e la vegetazione
brilla di un verde lucidissimo. Ci coordiniamo per trovarci al punto
Y nell'ora X e ci rimettiamo in marcia, siamo puntuali nell'ingresso
a vela e verifichiamo immediatamente la necessità di un carteggio
accuratissimo per districarsi in questo dedalo di secche e isolotti
coperti di pini che è il golfo e che le correnti di marea
non sono una leggenda. Pagra scade veloce di fronte a noi e ci sembra
evidente che stiamo facendo la stessa cosa, anche se la prua mente.
Troviamo riparo per la notte in una splendida calette boscosa, non
fosse per il punto nave che ci smentisce, potremmo giurare di trovarci
in un laghetto svizzero. Aperitivo al tramonto e cena collettiva
sotto un cielo carico di stelle.
Sesto Giorno
Peccato, nonostante la stellata di ieri sera ci svegliamo
sotto un celino grigio con una bavetta di vento e il Morbihan
in ebollizione, mille vele rosse gialle e bianche, vele latine
di antichi battelli da lavoro e piccole vele quadre dei minuscoli
barchini tipici di questa zona scivolano e danzano sulle acque
del golfo in festa per il raduno di barche d'epoca.
Scegliamo consapevolmente il percorso più didattico
(contro corrente of course, gli altri andavano tutti dall'altra
parte) e ci lanciamo decisi contro (letteralmente) la prima
passe che praticamente ci inchioda sul posto con pochissimo
vento in poppa e una bella corrente decisa sul muso. Ben venga
l'esperienza siamo in fondo qui per questo e ci si dà
dentro. Pausa merenda in rada, al suono delle cornamuse dalla
vicina spiaggia e insieme ad una flotterella di vecchi battelli
da pesca che, pur avendo un'aria ben poco agile, manovrano
come farfalle sotto il timone esperto di veri marinai. Ci
affidiamo alla fortuna per imbarcarci sul nostro disastratissimo
tender e sgranchirci le gambe a riva.
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Diamo una sbirciatina al vicino paesino di Ville de l'Eglise,
tra i pini e i prati verdi, coronato da una vecchia chiesetta col
tetto d'ardesia e rose che rampicano I muri di pietra. Sull'altare
pende nell'ombra un modellino di barca, decisamente al suo posto
qui.
Si riparte per il secondo round contro I flussi di marea. Le passe
sono sempre un po' critiche e impariamo per approssimazioni successive
ad attenerci ad un percorso zigzagante ai margini (e possibilmente
sulle curve interne) della corrente principale, attenti a virare
appena il naso del nostro Feeling comincia a sentire le turbolenze
periferiche del flusso.
Comunque arriviamo a sera a ridossarci ad un isolotto ormeggiati
ad un gavitello dall'aria solida e tranquilla. Per fortuna solida
perché cinque minuti dopo l'inversione di marea sembra di
essere ormeggiati in un torrente in piena (ci giunge il commento
di Sandro che suggerisce l'accensione delle luci di via al posto
di quella d'ancora). Comunque il gavitello sembra sapere il fatto
suo, la cima è robusta, mettiamo l'allarme al GPS e dormiamo
come pietre nonostante il fragore da cascata.
Ultimo Giorno
Di nuovo in marcia e di nuovo con il cronometro per l'uscita dal
golfo in corrispondenza della stanca, l'uscita dal Morbihan ormai
ci da il senso della conclusione, navighiamo comunque tranquilli
verso Lorient spinti da un venticello da SW e tutto fila a meraviglia
sotto un cielo grigio e brumosetto che forse sa di Bretagna più
di tutte le giornate di sole che ci siamo spudoratamente goduti
fin qui.
Davanti a Lorient abbiamo persino l'imbarazzo della scelta degli
allineamenti di ingresso, il canale è un albero di natale
di fari e segnali, allineamenti e cardinali. Infine non ci resta
che fare gasolio, pulizie, check-out, doccia e bagagli prima di
concederci un ultimo aperitivo, e una bella cena d'addio in città.
Domani sveglia presto e tutti a casa.
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