Canarie,
Isole di Capo Verde '97 |
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Dal
Diario di Cristina |
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Lunghezza della navigazione: 800 miglia
Equipaggio: Cristina (Skipper), Andrea, Augusto, Benito, Emanuela,
Massimo, Paolo, Renato, Umberto
Aeroporto di Milano affollato, bagagli che si ammucchiano (chissà
se arriveranno?), amici venuti a salutarci, dogana, metal detector
("ma questo strano strumento cos'è?" "Non si preoccupi non vogliamo
dirottare nessun aereo, é solo un sestante, sa? per le osservazioni....")
le partenze sono sempre uguali, avremo preso tutto? Dalle vele di
rispetto, randa (steccata, prego), alla caffettiera, passando dalle
carte nautiche alle valigette degli attrezzi alla canna da pesca
e ai medicinali, la lista é lunga, e anche se preparata con cura,
sfugge sempre qualche cosa.
A Tenerife ci siamo tutti e nove, mancano all'appello solo le stecche
della randa di rispetto e la cassetta degli attrezzi.
Finalmente sabato eccola: "Skidaway Lady", 51 piedi di barca tutti
per noi, 51 piedi da conoscere, da curare, da manovrare, da amare
e odiare, per adesso 51 piedi di lavoro. La preparazione, meglio,
la presa in consegna per una navigazione come stiamo per iniziare
non é esente da qualche problemino, e il tempo passa, inesorabile.
Ma nel frattempo, sorpresa, arrivano anche i bagagli persi e abbiamo
tempo di visitare un po' l'isola e il famoso vulcano Teide.
La partenza da Tenerife al comando di Cristina alle 9 di lunedì
4 agosto é un sollievo: dopo una breve sosta a Gomera e l'ultimo
aperitivo a terra, chiudiamo con il mondo che lasciamo alle spalle,
con i problemi piccoli e grandi, con i telefonini, con la cambusa
da fare, con i pezzi di ricambio che non si trovano. Ora siamo solo
noi con la nostra barca e l'Oceano. Ci aspettano 800 miglia di navigazione
e venti che si presumono sempre portanti e regolari: per intanto
andiamo a motore, non c'è un filo di Aliseo....
Inizia la vita ritmata dai turni di guardia, qualche nuvolone ci
fa sperare in un po' di vento, poi con l'esperienza capiremo che
i nuvoloni minacciosi ci accompagneranno ogni sera senza darci alcun
fastidio.
La navigazione a motore dura tutta la prima notte, ma all'alba
si alza il vento. Le batterie sono ben cariche... fortunatamente,
perché l'impianto elettrico di bordo non è dei migliori, come un
po' tutto il resto, d'altronde.
Primi tre pesci, bravo Andrea, la cena è assicurata. La navigazione
a vela procede bene, velocità dai 5 ai 6 nodi, percorso giornaliero
secondo i programmi. A bordo si mangia (benissimo, dai piatti al
curry di Paolo al pesce fresco quasi quotidiano che Augusto ci serve
in mille modi diversi), si dorme, ogni tanto si esegue una piccola
riparazione, qualcuno si fa un giretto in testa d'albero fra una
partita a carte e due parole crociate.
Dopo due giorni regolari, al momento della ricarica delle batterie
e del frigo in vista dell'aperitivo...: (non possiamo rinunciare
al cocktail di Benito), il motore non parte. Renato, felice di usare
il suo magnifico tester, (come faremmo senza di lui?) inizia ricerche
che si rivelano infruttuose. Spegniamo tutto, useremo esclusivamente
le batterie del GPS per fare due punti al giorno. Le luci di via,
tanto, non ci servono, non abbiamo visto nessuno da Gomera in poi.
Gli altri strumenti non funzionavano neppure prima, la luce della
bussola era un fastidio per il timoniere che preferisce seguire
le stelle, l'acqua la usiamo poco e la pompa a piede è sufficiente.
Si sta così bene senza motore, navigando come ai tempi andati, che
in fondo, nessuno vuole risolvere il guasto, tranne Renato che non
si dà per vinto e che dormendo (attività che predilige), rimugina
ogni possibile soluzione. Quando appare fuori dall'orario dei suoi
turni, e con cipiglio si mette a spostare paglioli, capiamo che
la tranquillità è finita e, ahinoi, il motore riparte. "Ma perché
non entra la marcia?" Si che entra, "Ma allora perché non gira l'elica?"
ma la marcia è inserita: già, la marcia è inserita, il motore gira,
l'elica no perchè non c'è più...
S'impone un cambiamento di programma, perchè la prevista visita
delle isole, senza motore, rischia di farci arrivare tardi a Sal
dove prenderemo l'aereo per tornare. Con dispiacere decidiamo di
dirigerci direttamente lì. La navigazione prosegue pescando sempre,
lottando a volte col segnavento indeciso per carenza di materia
prima (vento), osservando di giorno il sole col sestante, di notte
le stelle col libretto delle costellazioni. Le medie giornaliere
calano: saremo già nelle zone equatoriali di calma? Ma poi il vento
riprende e, al ritmo di bollettini meteo sempre uguali che Emanuela
ogni giorno trascrive con costanza, alle 9 dell'11 agosto Umberto
avvista terra (bella forza, è avvantaggiato dalla sua statura!).
Navigando col GPS, pure se in questa zona le carte hanno coordinate
meno precise di quelle dello strumento, manca un po' quell'emozione
che si provava fino a pochi anni fa di sapere se la terra avvistata
fosse proprio quella attesa; malgrado tutto qualche discussione
e verifica c'è. Dopo 7 giorni e altrettante notti di navigazione
diamo fondo (a vela) in Baia di Palmeira, isola di Sal.
Avvisiamo subito il nostro referente in Italia di procurare un'elica
di ricambio per la tappa di ritorno, ci diamo un po' al turismo
e scopriamo un'isola desertica, povera e che non sembra avere molte
prospettive di sviluppo. In porto ci sono pero' due o tre barche
a vocazione chiaramente giromondista che si sono fermate qui per
qualche mese, a dimostrazione del fatto che si sta bene. Il clima
è caldo, senza essere torrido, il porto è sicuro, sotto tutti gli
aspetti, la gente, che non parla altro che creolo con qualche parola
di portoghese, è gentile. Troviamo italiani emigrati qui per viverci.
Abbiamo ancora tempo per una puntata a Boavista, l'isola a 30
miglia a sud, che ha spiagge stupende, ma che è altrettanto desertica.
Non si capisce come ai tempi di Vasco de Gama le navi che veleggiavano
verso l'India si fermassero proprio qui a fare acqua...... Qualcosa
dev' essere pure cambiato.
Poi il rientro in una notte bellissima, di bolina, con l'avvistamento
di strani pescherecci tutti ben allineati, che si rivelano poi essere
le potenti luci in testa alle eoliche che producono corrente elettrica
sulla costa (!) e la fine della prima parte della crociera con la
pulizia della barca, l'ultimo bellissimo bagno, e la consegna di
"Skidaway Lady", con un po' di tristezza, a Giancarlo, comandante
del rientro. Solo Massimo, del vecchio equipaggio, resta a bordo
recuperando una cuccetta decente, dopo aver subito la scomodità
di dormire nel saloncino.
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